LA PORZIUNCOLA PER UN PIATTO DI PESCE
di Carla Gambacorta

Eo te portai nillu meu ventre/ Quando te beio moro presente/ Nillu teu regnu àgime a mmente.

Da tempo Ignazio Baldelli ha mostrato la stretta connessione tra la cultura benedettina cassinese e quella francescana degli Spirituali marchigiani e umbri (tra cui anche Jacopone), realizzatasi attraverso i monaci abruzzesi benedettini di Pietro da Morrone (che diverrà papa nel 1294 col nome di Celestino V). Infatti, nei tre versi in volgare che si leggono nell'ultima di quattro carte superstiti di un dramma della Passione, risalenti al XII secolo, appartenenti e tuttora conservati nel monastero di Montecassino (fondato da s. Benedetto da Norcia), si può individuare l'origine della lauda francescana. Prima dell'avvento del francescanesimo, e soprattutto prima della commenda, sul territorio diocesano di Assisi erano numerosi i monasteri benedettini (maschili e femminili), tra i quali ricordiamo i più noti: la fondazione di s. Benedetto, posta sulla costa del monte Subasio (originariamente dipendente dalla celebre abbazia di s. Maria di Farfa e dal 1945 proprietà dei monaci di s. Pietro), e quella di s. Pietro. Ma il monachesimo assisano non riuscì mai ad impiantare fondazioni particolarmente potenti. Oggi i monaci di s. Pietro (che nel XII secolo accolsero la riforma cluniacense, nel XIII quella cistercense) sono gli unici eredi delle tradizioni monastiche maschili benedettine in Assisi. Infatti, anche se lasciarono l'abbazia nel 1577 a causa della commenda, nel 1613, dopo un periodo in cui la parrocchia fu assegnata a sacerdoti secolari, i monaci ritornarono in s. Pietro dove si trovano ancor oggi (mentre tutti gli altri monasteri maschili rimasero abbandonati). In sintesi si può qui ricordare che la commenda era il potere di amministrare (e di godere) i redditi di un beneficio ecclesiastico che veniva affidato ad una persona (fisica o giuridica) ecclesiastica o anche laica. Nel nostro caso i monaci si trovarono a dover fornire un certo reddito al commendatario il quale, tuttavia, il più delle volte non conosceva la realtà del bene che stava amministrando e che quindi poteva esigere una prebenda troppo elevata. L'abbazia di s. Pietro, dedicata al Principe degli Apostoli, originariamente costruita fuori le mura e poi annessa alla città nel 1316 con l'allargamento della cinta muraria, è documentata a partire dal 1029. L'attuale costruzione, consacrata da Innocenzo IV nel 1253, si ascrive ai secoli XII - XIII, mentre la parte superiore della facciata è del 1268, epoca a cui risale l'iscrizione latina incisa nella cornice di archetti (nella parte finale della stessa si legge Mille ducenteni sunt octo sexque deni. Tempore abbatis Rustici). Prescindendo dalla singolarità dell'ordine monastico in questione, risultano essere numerose, e differenziate, le relazioni tra benedettini e francescani. Più in particolare, ad Assisi sono stati e sono ancora eloquenti precisi avvenimenti, alcuni dei quali si possono qui brevemente menzionare. Quando sorse il francescanesimo, sette secoli dopo la nascita di s. Benedetto, il monachesimo benedettino viveva una profonda crisi, testimoniata anche dalle numerose riforme in atto fin dai secoli precedenti. Ad Assisi, la principale causa delle molteplici controversie dei monasteri tra di loro o dei singoli monasteri con il vescovo, si riferiva alle questioni legate ai beni, alle terre, ai confini, ai possedimenti. E proprio per questo è particolarmente significativo il fatto che il primo insediamento dei francescani, la Cappella di s. Maria della Porziuncola, di proprietà del monastero del monte Subasio, fu donato dal capitolo dei monaci benedettini a s. Francesco (il quale, nella ricerca di un luogo dove poter celebrare le funzioni liturgiche, si era precedentemente rivolto senza successo sia al vescovo, sia ai canonici di s. Rufino). In realtà Francesco non accettò mai la proprietà della Porziuncola da lui restaurata (l'ordine mendicante aveva come primaria aspirazione la povertà) e per ringraziare l'abate, e per evidenziare un rapporto di dipendenza, ogni anno gli mandava un cesto di pesce quale "pagamento d'affitto". L'atteggiamento di reciproca disponibilità tra francescani e benedettini si può sintetizzare attraverso la consuetudine a corrispondere questo tradizionale "cesto di pesce", compiuta inizialmente con i monaci del monastero del monte Subasio. Quindi, dopo una sospensione forzata in seguito al declino di quel monastero, alla fine del secolo XVIII la tradizione riprese proprio con i benedettini di s. Pietro. Si può notare, inoltre, che anche la vestizione di s. Chiara avvenne alla Porziuncola, dove ebbe perciò inizio l'ordine delle Clarisse. E, non ultima delle coincidenze, la Santa venne inizialmente ospitata a Bastia nel monastero benedettino femminile di s. Paolo. I legami tra francescani e mondo benedettino non finiscono qui. La stessa Indulgenza della Porziuncola fu richiesta da s. Francesco presso l'abbazia benedettina di s. Pietro a Perugia (dove si trovava papa Onorio III). Ed è opportuno in questa sede ricordare anche che una delle figure più significative nella storia della nostra città, mons. Giuseppe Placido Nicolini, benedettino, vescovo di Assisi dal 1928 al 1973, sostenne alla s. Sede (con Pio XI prima e Pio XII poi) la richiesta dei Frati Minori per la proclamazione di s. Francesco quale Patrono d'Italia (1939) e di S. Chiara quale Patrona della Televisione (1958). Nessuna contrapposizione, quindi. Nessun antagonismo. La benevolenza dei benedettini verso i francescani risulta evidente. I benedettini di Assisi, retaggio di uno straordinario passato - da poco è stato festeggiato il 1500o anniversario della nascita di s. Benedetto - e oggi operosamente inseriti nella pastorale attiva della diocesi, hanno sede in una abbazia di rara bellezza (situata peraltro nei pressi della Basilica di s. Francesco) che ci auguriamo sia restituita a loro e a noi al più presto, dopo i danni provocati dal terremoto ormai circa tre anni fa.

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